domenica 7 aprile 2013

martedì 24 aprile 2012

25 APRILE LIBERAZIONE MIO ZIO UMBERTO ONORE A LUI

Signor Sindaco e Signori Consiglieri,




alle ore 10,38 del 25 luglio 1943, allorché prestavo servizio alla stazione di Bologna Porta D'Azeglio in qualità di maresciallo dei carabinieri, la città fu violentemente bom¬bardata dalla RAF che seminò morte e distruzione dapper¬tutto.

La notizia della caduta del governo fascista mi fu co¬municata in Piazza Malpighi mentre disponevo il servizio di sicurezza a causa di due bombe di grosso calibro inesplose.

Il giorno successivo ci furono manifestazioni di giubilo in Piazza Maggiore: poi il silenzio, quasi imposto da me alla popolazione della mia giurisdizione (Via D'Azeglio, Via Solferino, Via Mirasole, Via Miramonte, Via S. Mamolo, la zona di S. Michele in Bosco ecc.) con i miei amorevoli fra¬terni consigli, i miei incoraggiamenti e la mia ininterrotta assistenza morale.

Il 6 settembre, quasi alla stessa ora, Bologna fu nuo¬vamente bombardata. Nuove distruzioni ed ancora centinaia e centinaia di morti.

Dopo due giorni l'armistizio. La città cadde nelle mani tedesche senza colpo ferire.

Rimasi a Bologna fino al 16 settembre.

Riuscii a salvare dalla prigionia una infinità di Ufficiali e soldati sbandati che tentavano di sfuggire alla cattura dei tedeschi.



In tal modo ebbe inizio la mia guerra di Resistenza.

Accompagnato da mia moglie, il 18 settembre 1943, dopo un viaggio avventuroso, mi rifugiai nella contrada Convento del Comune di Mosciano S. Angelo (TE), mio paese nativo.

I1 7 dicembre, dopo 81 giorni di continue sofferenze, fui arrestato dai tedeschi mentre mi trovavo in paese per rifornirmi di derrate alimentari. Quando mi caricavano sul camion per essere tradotto a Teramo, mia moglie fece per abbracciarmi ; ma un soldato tedesco la colpì col calcio del fucile procurandole una lesione al torace.

Riuscii a farmi liberare presentando una falsa licenza di convalescenza, e quando appresi che quasi tutti i cara¬binieri di Atri avevano abbandonato il servizio subito dopo il feroce proditorio assassinio del fuoruscita comunista Fran¬cesco Martella, eroe della libertà, d'accordo con i principali esponenti della Resistenza teramana, decisi di assumere il comando della stazione dei carabinieri di Atri.

Sempre accompagnato da mia moglie, raggiunsi la città il 18 dicembre 1943 con mezzi di fortuna.

Conclusi subito un patto di unità d'azione con il Co¬mitato di Liberazione Nazionale, con i patrioti e con i par¬tigiani che già operavano nella zona.

Ebbe inizio in Atri e in tutto il vastissimo territorio che comprendeva anche il comune di Castilenti la mia mis¬sione politica che aveva lo scopo specifico di sabotare nel migliore dei modi i proclami (e quanti !) del Comando mi¬litare tedesco, gli ordini delle autorità italiane allora costi¬tuite ad incoraggiare e proteggere con la mia forza morale e con amore cristiano la popolazione tutta, i militari sban¬dati o fuggiaschi perché colpiti da mandato di cattura, i pa¬trioti, i partigiani, le migliaia e migliaia di sfollati di Pesca¬ra e Napoli e gli ebrei sparsi nel territorio.

E così mi misi a disposizione del popolo che amai dal profondo del cuore e che mai abbandonai.



Voglio ricordare gli avvenimenti più importanti verifi¬catesi fino al 28 agosto 1944 giorno in cui lasciai la città per assumere il comando della stazione di Catignano (PE) in ben altre circostanze.



1. — Il 2 gennaio 1944: violenza carnale consumata da due militari tedeschi in danno di una bambina di undici anni, scema e paralitica, abitante in contrada Fontublo. Non si poteva assolutamente camminare a causa dell'abbondante nevicata di fine d'anno. Mi recai sul posto e portai la bam¬bina nell'ospedale San Liberatore dove fu visitata dal diret¬tore del nosocomio, e, con il referto medico alla mano chiesi l' intervento del Comando Militare tedesco per la identifi¬cazione e la condanna dei colpevoli.

L'otto gennaio successivo si riunì il tribunale di guerra tedesco che emise sentenza di condanna.

Ma fu una farsa perché alla fine del dibattimento giu¬dici e imputati bevvero allegramente liquori di marca ita¬liana.



2. — Subito dopo il processo di Verona e la fucila¬zione dei gerarchi fascisti (otto-dodici gennaio 1944) ci fu lo sfollamento della popolazione del comune di Silvi in Atri per ordine dei tedeschi. Fu uno spettacolo pietoso e dolo¬roso vedere la interminabile colonna di donne vecchi e bam¬bini arrancare faticosamente in mezzo alla neve. In compa¬gnia di mia moglie, aiutai questi cari fratelli donando loro quel poco di cui potevo disporre. Naturalmente sfollarono anche i carabinieri che presero alloggio nella mia caserma. Verso la fine di gennaio, in seguito ad esplicita richiesta, tre carabinieri di Silvi per mio ordine consegnarono quattro moschetti con molte munizioni ad un gruppo di partigiani di Castilenti.



3. — Il 12 gennaio 1944 mi assunsi la responsabilità di far distribuire alla popolazione di Atri ed agli sfollati più di mille quintali di grano depositati nei magazzini del Con¬sorzio Agrario.

Ci fu una reazione violenta da parte tedesca. Fui arre¬stato dalla polizia militare germanica e trattenuto in caser¬ma per quattro giorni. Fui rilasciato solo perché riuscii a convincere gli inquirenti che la responsabilità bisognava cer¬carla altrove e che malgrado tutto mi sarei adoperato a re¬cuperare il grano casa per casa ; ma naturalmente, piano piano, tutto passò poi nel dimenticatoio.



4. — Verso la fine di gennaio 1944, all’ indomani del¬lo sbarco delle truppe americane ad Anzio (notte fra il 21 e 22 gennaio), dopo la mezzanotte, un reparto del batta¬glione fascista « M » di stanza a Teramo, si introdusse di forza nella mia caserma e l'ufficiale comandante entrò nel mio alloggio perché ero a letto febbricitante. Mi disse bru¬talmente che doveva procedere al mio arresto ed alla mia traduzione a Teramo perché al comando era pervenuta pre¬cisa denunzia scritta e firmata da « due persone » di Atri che mi accusano quale « badogliano-ribelle », protettore dei partigiani e traditore della repubblica di Salò. A « quattroc¬chi », con valide argomentazioni riuscii a convincere « tutti » che le accuse erano assolutamente infondate. E in mezzo a continue minacce e pericoli d'ogni sorta seguitai a svolgere la mia missione con coraggio, con calma e con spirito di sacrificio fiducioso di concluderla vittoriosamente.



5. — Eccoci al 24 marzo 1944, eccidio delle Fosse Ardeatine. Nell'apprendere tale orribile notizia la popola¬zione fu presa da nuova grandissima paura da raccapriccio e da sgomento. Nella notte sul 25, due partigiani vennero a trovarmi nel mio alloggio. Questi incontri si ripetevano continuamente. I due amici mi esposero un loro piano di immediata vendetta da parte delle forze partigiane contro reparti di truppe tedesche di stanza in città. Poiché più volte mi ero opposto con tutte le mie forze a far mettere in esecuzione azioni del genere, sempre per assicurare 1' inco¬lumità dei cittadini i quali sarebbero stati inesorabilmente e barbaramente colpiti dalle feroci ben note rappresaglie da parte dei tedeschi, convinsi tutti a rinunciare all'attuazione di tale piano.



6. — La sera del 29 aprile 1944 una decina di giovani patrioti armati chiesero ad un facoltoso proprietario sfol¬lato un congruo aiuto in danaro. Poiché fui avvisato che si trattava di una azione partigiana, non mi mossi. Interven¬nero, invece, in forza, i tedeschi. Nel conflitto che si accese con violenza un giovane rimase ucciso, un altro gravemente ferito, tre furono arrestati e gli altri riuscirono a fuggire. I fascisti di Teramo volevano fucilare i tre arrestati, ma io mi opposi. Fecero un sommario processo. Ma nel momento critico intervennero i tedeschi e i tre giovani furono proces¬sati da un tribunale di guerra. Non so come fu, ma nel po¬meriggio del 13 giugno questi figliuoli ricomparvero in Atri appositamente per abbracciarmi.



7. — Il 21 marzo 1944 un reparto della guardia na¬zionale repubblicana di Teramo occupò militarmente l'abitato della frazione di Casoli per arrestare e punire 25 giovani delle classi 1923-1924-1925 che non si presentarono alla chiamata alle armi. Poiché io avevo fatto avvisare in tempo tutte le famiglie interessate, i giovani riuscirono a fuggire in tempo e nessuno fu arrestano. L'ufficiale comandante ordinò la rappresaglia facendo bruciare alcuni covoni di paglia.



8. — Mitragliamenti aerei in Piazza del Municipio e in piazza del Duomo. Molti feriti. Il 22 maggio alcune cen¬tinaia di fedeli si erano radunate davanti alla Chiesa di Santa Ríta in occasione della festa della Santa. Improvvisamente comparvero sul cielo di Atri una trentina di bombardieri alleati. Incominciai a gridare come un pazzo ordinando a tutti di rifugiarsi in chiesa, nell'ospedale e nelle case vicine. Fortunatamente gli apparecchi sganciarono le grosse bombe lungo il ponte sul fiume Vomano, lungo la ferrovia adriatica ed in altre località del teramano.

Mio ininterrotto aiuto ai militari sbandati, a quelli di-chiarati disertori e ali' intera popolazione.

Mi pervennero da parte dei Tribunali di Guerra Ita¬liani oltre 120 mandati di cattura contro ufficiali e militari residenti nel territorio. Mi pervennero anche centinaia di richieste di requisizione di grano, di lana, di indumenti mi¬litari e di armi in possesso di privati cittadini.

Nessun mandato di cattura fu mai eseguito.

Gli ordini di requisizione di cui sopra rimasero inevasi.

La quasi totalità dei contadini e proprietari terrieri su¬birono continuamente da parte di soldati tedeschi furti d'ogni genere specie di derrate alimentari. La requisizione del be¬stiame era diventata oramai abitudinaria.

Il mio aiuto agli ebrei, agli internati e perseguitati politici, agli ufficiali e miliari italiani sbandati, ai prigio¬nieri alleati era svolto senza alcuna interruzione.

Tutti i documenti e le migliaia di denunce furono da me consegnati alla Commissione militare presso la legione carabinieri di Chieti.

Il comando militare tedesco nutriva scarsissima fiducia nei miei riguardi tanto che si limitò solamente a concedermi addirittura, in data 5 febbraio 1944, il permesso di circolare dopo il coprifuoco ed altro permesso di autorizzazione a por¬tare la pistola con 6 munizioni. L'ufficiale tedesco coman¬dante, un vero furbacchione, mi tollerava pazientemente in attesa del « colpo finale » che però fallì per il tempestivo aiuto dei miei protettori.

Conservo i due permessi unitamente a tantissimi altri documenti.

Nelle prime ore del 10 giugno 1944, un internato ebreo polacco che faceva l' interprete presso il comando su¬periore tedesco che si era già trasferito in Atri in attesa della imminente ritirata verso il nord, mi fece avvisare da un farmacista sfollato da Silvi che i tedeschi avevano deciso di sopprimermi.

Riuscii a fuggire in tempo, d'accordo con il Comitato di Liberazione. Raccomandai poi ai partigiani calma e san¬gue freddo.

Mi rifugiai presso contadini che mi accolsero fraterna¬mente.

I tedeschi mi cercarono dappertutto, ma grazie a Dio non riuscirono a prendermi.

Il 13 giugno, alle ore 10.45, rientrai in città. Molti cittadini mi vennero incontro con rami di ciliegie, e quando sfilai lungo il corso fui portato in trionfo da tutto il popolo. Gli sfollati poi mi portarono di peso in caserma. Si udivano grida di gioia da ogni parte. Anche le rondini manifestarono grande gioia con i loro pazzi voli.

9. Fu una festa spontanea generale.

10. Finalmente il popolo, dopo tantissime sofferenze, aveva riacquistata la sua libertà.

11. Ma mi si spezzò il cuore quando quella stessa mattina vidi i corpi dilaniati di ragazzi ed uomini festanti che furono colpiti dallo scoppio delle mine tedesche, su a Capo d'Atri.





Un quotidiano politico indipendente di Roma scrisse in data 22 gennaio 1969:

« ... Non molto tempo fa al maresciallo dei carabinieri Umberto Massi, ora a riposo, perveniva questo telegramma dal Quirinale: « Sono lieto parteciparle che con decreto in corso Presidente Repubblica le habet conferito MOTU PRO¬PRIO Onorificenza Cavaliere Ordine Merito Repubblica Italia¬na punto Vivi rallegramenti et cordiali saluti Segretario Ge¬nerale Presidenza Repubblica Picella ». Il conferimento di una meritata onorificenza ad un cittadino esemplare sarebbe, per quanto significativo, un episodio sul quale l'attenzione del lettore potrebbe soffermarsi distrattamente ; ma in questo ca¬so l'avvenimento è legato alla personalità di un abruzzese le cui azioni sono salite più volte alla ribalta della cronaca. A parte le benemerenze e i riconoscimenti acquisiti da Umberto Massi nell'adempimento del dovere in guerra e in pace come appartenente alla benemerita Arma dei Carabinieri, di lui va ricordata l'attività svolta quale partigiano nel periodo dell'oc¬cupazione tedesca: fu un'epoca di rischi e di abnegazione, du¬rante la quale riuscì a salvare da sicura morte una quindicina di ebrei e moltissimi internati politici, ufficiali, sottufficiali e soldati italiani sbandati, prigionieri alleati e giovani che cer¬cavano di sfuggire all'arruolamento nelle file fasciste. Del resto, quanto egli abbia fatto in quei giorni per le popola¬zioni abruzzesi è attestato dall'accanita ricerca che fecero di lui i tedeschi decisi ad eliminarlo, e dalla trionfale accoglien¬za che gli fu tributata dai cittadini di Atri, dove era stato comandante della stazione e dove ritornò la mattina della liberazione, il 13 giugno 1944 . . . ».



Ecco l'attestato della Comunità Israelitica Italiana in data 19 novembre 1968:

« ... In base alle dichiarazioni in nostro possesso si at¬testa che il maresciallo dei carabinieri a riposo Umberto Massi, partigiano combattente e decorato della Croce al Me¬rito di Guerra per attività partigiana, nel periodo dell'occu-pazione tedesca dell' Italia — particolarmente dopo l' 8 set-tembre 1943 — si adoperò efficacemente e con grande ri¬schio della propria persona per la protezione e il salvataggio degli ebrei in Emilia e in Abruzzo — Il Presidente F,to Dott. Sergio Piperno Beer ...

Subito dopo la liberazione, gli studenti di Atri scrisse¬ro fra le altre cose:

- Il maresciallo Massi: « L'uomo senza volto » (e vi par poco nascondere il proprio volto per 178 giorni in quei tempi ?).

- Caserma dei Carabinieri di Atri: « Prigioni senza sbarre ».

— I Carabinieri di Atri: « Gli Angeli della Strada ».



Naturalmente la mia fu anche una missione di Pace.

Quando il 13 giugno 1944 i partigiani vennero in mas¬sa in città ed i cittadini, gli sfollati e i componenti il Comi¬tato di Liberazione avevano già manifestato propositi tut¬t'altro che pacifici (erano già pronte le liste di proscrizione) verso le autorità di allora e verso gli elementi compromessi con i tedeschi e con il passato regime, non permisi assolu¬tamente che fosse torto un capello ad alcuno.

Tutto poi si svolse nell'ambito della legge, con l'auto¬rità che mi fu conferita e direi restituita dal comando mi¬litare alleato.

I 178 (centosettantotto) giorni della mia missione in Atri sono un periodo storico che spero tanto non sia stato dimenticato dai cittadini, come non è stato dimenticato dagli sfollati di Silvi e Pescara che quasi quotidianamente mi fer¬mano e mi salutano con riconoscenza ed affetto.

Dichiaro con gioia che mi sembra ancora un sogno che io sia riuscito a portare a termine la mia missione combat¬tendo ogni giorno a viso aperto per un così lungo tempo.

Miei cari amici atriani,

Sono trascorsi trent'anni dalla liberazione della vostra bella storica città.

Io modestissimo maresciallo già incamminato lungo la strada del tramonto, desidero essere ancora con voi appunto come trent'anni fa quando il dolore, le sofferenze, il peri

colo, i sacrifici e le ristrettezze della guerra ci univano frater¬namente.

Il mio cuore è e rimarrà sempre legato al tempo in cui l'eroismo era giovinezza e la vita si gettava oltre l'osta¬colo con cosciente temerità.

Queste mie modeste parole le ho scritte per il piacere di ricordare a noi anziani quel tragico periodo della nostra recente storia e per dire ai giovani che sappiano valersi della nostra esperienza per non commettere dolorosi errori.

Auspico con tutto il cuore la pace politica in questa nostra tormentata Italia, coerentemente con í miei intendi¬menti ben noti a tutti quelli che mi hanno conosciuto.

Con questo augurio invio a tutti i miei affettuosi ricordi.

Pescara, 22 maggio 1974.





Cavaliere Ufficiale UMBERTO MASSI

Via Lago di Scanno 85 - Tel. 24554